L'unificazione italiana: dal Regno alle sfide politiche e sociali
L'unificazione italiana del 1861 rappresentò un momento storico fondamentale, ma fu solo l'inizio di un lungo processo di costruzione nazionale. Il nuovo Regno d'Italia dovette affrontare numerose sfide: dall'integrazione di territori diversi alla gestione dei conflitti sociali, dalle conquiste territoriali alle crisi economiche. Questo percorso complesso trasformò profondamente la società italiana e pose le basi per lo sviluppo del paese moderno.
La nascita del Regno d'Italia
Il 17 marzo 1861 l'Italia divenne finalmente un regno unito sotto Vittorio Emanuele II di Savoia. La capitale fu stabilita a Torino e lo Statuto Albertino del 1848 divenne la Costituzione dell'intero regno.
Lo Statuto garantiva l'uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, ma il diritto di voto era limitato a una minoranza: solo cittadini maschi, di almeno 25 anni, con un certo reddito e che sapessero leggere e scrivere. Questo sistema elettorale ristretto escludeva la maggior parte della popolazione.
La morte di Cavour nel giugno 1861 rappresentò una grave perdita per il giovane regno, ma le elezioni confermarono al governo la Destra storica, guidata da Bettino Ricasoli, che condivideva gli ideali cavouriani.
Le scelte del nuovo governo: accentramento e modernizzazione
Il nuovo Regno d'Italia era formato da territori diversi che fino a quel momento avevano avuto organizzazioni separate. Il governo doveva scegliere tra due strategie: il decentramento (lasciare a ogni territorio la propria organizzazione) o l'accentramento (imporre a tutti l'organizzazione piemontese).
La Destra storica scelse l'accentramento e avviò un ambizioso programma di modernizzazione. Potenziò la rete ferroviaria per collegare le principali città del regno, creando un sistema di trasporti unificato.
Eliminò le barriere doganali tra i diversi Stati per permettere la libera circolazione di uomini e merci su tutto il territorio nazionale. Aumentò gli scambi commerciali con l'estero per arricchire il paese e sviluppare l'economia.
Rese obbligatoria e gratuita l'istruzione per i primi due anni di scuole elementari, estendendo a tutto il regno il sistema già in vigore nel Regno di Sardegna. L'obiettivo era abbattere l'analfabetismo e creare cittadini che parlassero la stessa lingua.
I problemi del Mezzogiorno e il brigantaggio
Nel sud Italia sorsero immediatamente gravi problemi. I cittadini meridionali non accettavano le nuove tasse e la leva militare obbligatoria imposte dall'organizzazione piemontese. Le masse popolari, molto povere, non riuscivano a sentirsi parte di un regno unito così lontano dalla loro realtà.
Tra il 1861 e il 1865 scoppiò una vera e propria guerra civile guidata da uomini chiamati briganti. Questi non erano semplici banditi, ma spesso rappresentavano la resistenza popolare contro il nuovo stato unitario.
Lo Stato represse queste rivolte con la forza e riuscì a debellare il brigantaggio, ma il costo fu altissimo in termini di vite umane e di divisioni sociali. Nel frattempo, in Sicilia nacque la mafia, un'organizzazione che agiva contro la legge e in maniera violenta a danno dello Stato.
Questi eventi evidenziarono la profonda frattura tra Nord e Sud che avrebbe caratterizzato la storia italiana per decenni.
Le conquiste territoriali: Veneto e Roma
Al nuovo Regno d'Italia mancavano ancora territori importanti: il Trentino, la Venezia-Giulia e il Veneto erano sotto il dominio austriaco, mentre il Lazio rimaneva sotto il controllo del Papa.
La guerra austro-prussiana del 1866 offrì all'Italia l'occasione per recuperare il Veneto. L'Italia si alleò con la Prussia nella lotta per il dominio sulla Confederazione Germanica, con la promessa di riavere il Veneto in caso di vittoria prussiana.
La Prussia, guidata da Bismarck, vinse la guerra e, nonostante l'aiuto italiano non fosse stato decisivo, mantenne l'accordo. Nel 1866 il Veneto fu annesso al Regno d'Italia.
Per quanto riguarda Roma, già dai tempi di Cavour l'intenzione era di spostare la capitale nella Città Eterna per la sua posizione centrale. Tuttavia, Roma era protetta dalla Francia di Napoleone III.
Roma capitale e la questione romana
Il 15 settembre 1864 Francia e Italia stipularono la Convenzione di Settembre: l'Italia si impegnava a non attaccare i territori dello Stato Pontificio e la Francia in cambio avrebbe ritirato le sue truppe da quei territori.
Per avvicinarsi comunque a Roma, nel 1865 la capitale fu spostata da Torino a Firenze. Questo trasferimento provocò gravi disordini a Torino, dove la popolazione si sentiva tradita.
Nel 1870 la Prussia sconfisse la Francia nella battaglia di Sedan. L'Italia si considerò libera dai patti con la Francia e il 20 settembre 1870 entrò a Roma attraverso la famosa breccia di Porta Pia, cacciando le truppe pontificie.
Il 3 febbraio 1871 Roma divenne finalmente la capitale del Regno d'Italia, completando così il processo di unificazione territoriale.
Il conflitto con la Chiesa cattolica
Il governo italiano emanò la legge delle guarentigie del 1871 per regolare i rapporti con la Chiesa. La legge lasciava al Papa il controllo sui palazzi pontifici (Vaticano, Laterano e Castel Gandolfo) e si impegnava ad aiutare economicamente la Chiesa.
Papa Pio IX rifiutò categoricamente questa soluzione. Si dichiarò prigioniero in Vaticano, scomunicò i governanti del Regno d'Italia e nel 1874 emanò il Non expedit.
Il Non expedit proibiva a tutti i cittadini cattolici di partecipare alle elezioni del governo italiano. Questo documento creò una profonda spaccatura nella società italiana, dividendo i cittadini tra fedeltà alla Chiesa e partecipazione alla vita politica nazionale.
L'atteggiamento della Chiesa rimase ostile fino al 1891, quando Papa Leone XIII emanò l'enciclica Rerum Novarum, con la quale la Chiesa iniziò timidamente a confrontarsi con la vita politica e sociale italiana.
Il passaggio dalla Destra alla Sinistra storica
Il governo di Destra storica, composto da liberali moderati, si era trovato a dover pareggiare il bilancio dello Stato imponendo tasse sui beni di maggior consumo, come la famosa tassa sul pane. Queste misure resero il governo impopolare tra le masse popolari.
Il Non expedit del Papa aggravò la situazione: molti cittadini cattolici non andarono a votare, causando la perdita della maggioranza da parte della Destra storica.
Nel 1876 andò al potere la Sinistra storica, composta da liberali progressisti che volevano far partecipare alla vita politica anche le masse popolari. Il nuovo governo cercò di conquistare il favore popolare con diverse riforme.
La Sinistra abbassò l'età minima per votare da 25 a 21 anni e ridusse il reddito minimo necessario, aumentando così il numero degli elettori. Con la legge Coppino del 1877 impose multe a chi non rispettava l'obbligo scolastico ed eliminò alcune tasse impopolari.
Il trasformismo e la corruzione politica
Agostino Depretis, leader della Sinistra storica, non aveva una maggioranza solida in Parlamento. Per rimanere al potere, suggerì che Destra e Sinistra si accordassero almeno sulle questioni più importanti.
Iniziò così nella vita politica italiana un periodo chiamato trasformismo, caratterizzato da corruzione e incoerenza. I parlamentari cambiavano orientamento politico in base ai propri interessi del momento, perdendo di vista i principi ideologici.
Il trasformismo ebbe conseguenze negative durature: si persero le differenze sostanziali tra Destra e Sinistra, e la politica divenne sempre più una questione di interessi personali piuttosto che di programmi e ideali.
Questo fenomeno contribuì a creare sfiducia nelle istituzioni e a consolidare pratiche clientelari che avrebbero caratterizzato a lungo la politica italiana.
Politica estera e avventure coloniali
Dal punto di vista della politica estera, il governo di sinistra cercò di consolidare i rapporti con le potenze europee. Tuttavia, quando la Francia occupò la Tunisia (che l'Italia riteneva le spettasse per vicinanza geografica), i rapporti si deteriorarono.
Nel 1882 l'Italia stipulò la Triplice Alleanza con Austria e Germania, i suoi nemici storici, per difendersi dalle ambizioni francesi nel Mediterraneo. Questa alleanza avrebbe avuto conseguenze importanti per la futura politica italiana.
Contemporaneamente, l'Italia tentò di espandere il proprio dominio coloniale in Africa. L'obiettivo era conquistare l'Etiopia, ma l'avventura si rivelò un disastro.
L'Italia subì due pesanti sconfitte: a Dogali nel 1887 e ad Adua nel 1896. Queste sconfitte umiliarono il paese e lo costrinsero a riconoscere l'indipendenza dell'Etiopia, segnando il fallimento delle prime ambizioni coloniali italiane.
La Grande Depressione e l'emigrazione di massa
Negli ultimi tre decenni del 1800, l'Italia fu colpita, come tutta l'Europa, da una grave crisi economica. Si verificò un aumento della produzione sia agricola che industriale, ma senza un corrispondente aumento della domanda.
C'erano troppi prodotti che non riuscivano a essere venduti, causando il crollo dei prezzi e una concorrenza spietata tra i produttori. I governi europei, incluso quello italiano, tentarono di rimediare creando barriere doganali per limitare l'ingresso di prodotti dall'estero.
Purtroppo, questi provvedimenti in Italia non bastarono. Le masse contadine si trovarono costrette a emigrare per migliorare le proprie condizioni di vita. Inizialmente furono i contadini del nord a emigrare temporaneamente nei paesi confinanti.
Successivamente iniziarono a emigrare anche i contadini del sud Italia, scegliendo destinazioni più lontane come l'America e in maniera definitiva. Questo fenomeno di emigrazione di massa avrebbe caratterizzato l'Italia per decenni, privando il paese di milioni di cittadini.
Conclusione
L'unificazione italiana del 1861 fu solo l'inizio di un lungo e complesso processo di costruzione nazionale. Il nuovo Regno d'Italia dovette affrontare sfide enormi: l'integrazione di territori diversi, la gestione dei conflitti sociali, la questione romana e le crisi economiche. Nonostante i successi, come l'annessione del Veneto e di Roma, rimasero problemi irrisolti che avrebbero influenzato la storia italiana per generazioni. Il divario tra Nord e Sud, la questione cattolica, l'instabilità politica e l'emigrazione di massa rappresentarono le eredità più pesanti di questo periodo fondamentale della storia nazionale.